ROBERTO MAURI PSICOLOGO
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Genitori e drop out sportivo:chi abbandona chi?

3/4/2016

4 Comments

 
Le statistiche indicano che il punto di massima pratica sportiva si registra tra gli 11 e i 14 anni. Subito dopo inizia il calo ed in particolare tra gli adolescenti la pratica sportiva si riduce di oltre un terzo.    
Qualcuno di fronte a questo ‘esodo sportivo’  di massa  tende ad imputare questo abbandono alla inettitudine ed incapacità di cogliere e perseguire i valori dello sport degli adolescenti, facili prede dei videogiochi o di altri divertimenti di più comodo ed immediato consumo.  ​
Secondo altri il principale motivo sarebbe la difficoltà per un ragazzo nell’accettare una possibile brutta figura nel confronto prestazionale contro un altro.
Benchè  i genitori questo dovrebbero saperlo, a  volte sono proprio loro  i più sorpresi e delusi del rifiuto sportivo,   arrivando persino accusare il figlio / figlia di ‘alto tradimento sportivo’, e ingratitudine rispetto a quanto da loro fatto e investito.   A volte ci si consola fingendo di credere che quando il ragazzo riporta la borsa dicendo che non ha più tempo per partite ed allenamenti sia sincero …  Ovviamente non è così, perché i ragazzi il tempo lo trovano per le cose che amano.   
 
Ma siamo davvero sicuri che le cose stiano così? Che vi sia un calo della pratica sportiva in adolescenza è un dato certo. Meno certo è che siano gli adolescenti ad abbandonare lo sport. Forse è vero il contrario, ovvero che proprio nel passaggio dalla fanciullezza alla giovinezza si consuma il ‘tradimento’ dello sport verso di essi.  
Forse  un ragazzo di 14 anni con magari già diversi anni  di pratica sportiva alle spalle ha già accumulato troppe ‘tossine sportive’ad  esempio quelle prodotte  dalla precedenza data ai risultati piuttosto che all’impegno .
I ragazzi vengono inseriti in un percorso dove la selezione è sia la regola che l’esito finale. Si finisce in un imbuto nel quale entrano in tanti e dal quale passano in pochi, perché è apertamente dichiarato che il traguardo è proprio quello di passare in pochi.  Se non si riesce a passare dalle strette maglie che lo sport impone, lo sport ti abbandona, e all’adolescente non resta che prenderne atto, ferito e sconfitto, a volte irrimediabilmente già a 14 anni.
Si potrebbe obiettare: ma la competizione è parte integrante dell’esperienza sportiva!  E’ vero. Ma attenti a non confondere  la competizione e la relativa carica agonistica con la selezione.  Lo sport insegna e sprona a dare sempre il meglio di sé, non a combattere per eliminare i potenziali avversari.  Al contrario, l’avversario è quanto di più prezioso ci possa essere,  dal momento che senza di esso, senza il confronto e la competizione con esso non è possibile scoprire e migliorare il proprio valore. Il dono più alto che lo sport ci può dare non è infatti la vittoria sempre e comunque ma la consapevolezza di quanto valiamo, di quanto potremmo valere e quindi del nostro limite, individuale e di squadra.
Forse i genitori possono fare la differenza, non fosse altro per l’impegno educativo  dovuto  ai figli.  Forse dovrebbero considerare con più attenzione le responsabilità dello sport pensato da adulti,  con i suoi ritmi, interessi, esasperazioni e funzionare da anticorpi positivi.
Forse potrebbero riesaminare  le loro aspettative e domandarsi se esse non finiscano, anche involontariamente,  per alimentano non passione ma nausea  verso la pratica sportiva, fino a produrre malessere e – appunto – abbandono. 
Come  può allora un educatore  -  genitore o allenatore che sia -  far innamorare dello sport un adolescente?  La risposta è incredibilmente semplice e consiste nell’imparare  e mettere in atto quattro azioni di fondamentale importanza per un ragazzo: 
  1. “ indicagli  la sua qualità sportiva” 
  2. “ digli qual è il suo compito in campo” 
  3. “ mostragli il limite a cui può tendere”
e soprattutto “intuisci il sogno che porta nel cuore”
Altrimenti per un ragazzo la tentazione di lasciare è forte: non c'è più gusto...
Lo sport è proprio come il sale: quando perde il gusto non è buono più a nulla, rimane solo la fatica, la noia di ripetere gesti privi di senso. E guai a chi al sale sportivo ha fatto perdere di gusto.
4 Comments
John Garcia link
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    roberto mauri

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